Studenti insegnanti: Alberto, i “Ragazzi Penny” e io
Alberto Bosia, studente del liceo Tasso di Roma, da due anni insegna alla Penny Wirton, scuola d’italiano gratuita per migranti, nell’ambito dei programmi di alternanza scuola-lavoro. Qui ci racconta che “due anni fa iniziai così, andare alla Penny Wirton dava ore di Asl (Alternanza scuola lavoro, ndr) ma adesso, con i vari cambiamenti politici, per me ha assunto sempre meno peso la Asl e insieme ad altri miei coetanei continuo a impegnarmi nell’insegnamento”.
I “Ragazzi Penny” e io
di Alberto Bosia
Insegnare alla scuola Penny Wirton è una delle esperienze più significative che abbia mai vissuto. È un’esperienza emozionante, e che ti rimane ben impressa per il resto della vita. Dico questo perché è sorprendente (e non lo avrei mai creduto all’inizio!) scoprire che in realtà chi impara di più, paradossalmente, è l’insegnante. Sì, siamo noi che ogni martedì o mercoledì capiamo, vediamo, studiamo, approfondiamo. Noi entriamo in relazione con molteplici contesti sociali e dinamiche umane, ci confrontiamo con tradizioni culturali ed esperienze di vita che altrimenti non avremmo modo di conoscere. I “Ragazzi Penny”, mi piace chiamarli così gli studenti, non sono mai giovani europei in cerca di una lezione di lingua a basso costo, anzi nullo visto che la scuola è gratuita. Sono miei coetanei: quelle ragazze e ragazzi che arrivano nel nostro Paese con viaggi estenuanti percorrendo migliaia di chilometri, sono miei coetanei. Come me, ma con una storia e una vita diverse. Per noi che siamo liceali e insegniamo è un’esperienza significativa, perché tastiamo veramente con le nostre mani e guardiamo con i nostri occhi le vite, sopravvissute, di persone che magari un anno prima hai visto al tg al porto di Catania o a mollo aggrappate alle ciambelle. Poter condividere due ore della settimana con loro, che forse anche per quelle due ore hanno rischiato di annegare, nobilita il nostro impegno. A lungo andare si creano dinamiche amichevoli tra gli insegnanti e gli studenti: è necessario che questo accada perché se non c’è fiducia reciproca il messaggio e l’insegnamento non passano.
La scuola Penny Wirton mi ha anche fatto capire qualcosa anche sul tradizionale sistema scolastico. In primo luogo perché è la scuola in Italia è lontana dalle dinamiche che interessano la nostra contemporaneità e offre strumenti sublimi a cui però si allegano pochi scenari concreti. In secondo luogo, soprattutto, è costituita da una struttura diversa. Il nostro sistema scolastico è consolidato e tira dritto senza indugio, con categorie ben precise, figure dai compiti determinati, organi predisposti, circolari ministeriali e programmazioni statali. Paroloni assenti alla scuola Penny Wirton dove non c’è chi interroga e chi risponde, chi parla e chi sente, chi sta in piedi e chi siede. E nonostante questo penso che ci avviciniamo di più alla conoscenza. Personale, culturale, didattica. Tutto questo è una sfida, sempre e ogni giorno. Anche dopo due anni ogni volta c’è sempre l’incognita dello studente che cambia di mercoledì in mercoledì. Appena lo studente arriva, in una frazione di secondo, bisogna acquistare la sua fiducia, prendersi in carico il suo sguardo. Bisogna conquistarsi la fiducia di lui o lei, che può conoscere le basi della nostra grammatica, può accennare qualche frase o può non essere scolarizzato e anche analfabeta nella lingua madre. Allora da questo primo istante di avvicinamento con il ragazzo o la ragazza Penny si dividono le due carreggiate della stessa strada che è la lezione. Da un lato c’è il rapporto umano e dall’altro la lingua italiana. Sono percorsi entrambi ardui da affrontare. Quello del rapporto umano è invariabile perché si parte da sconosciuti in tutti i casi, quello della lingua varia in base alla conoscenza di chi hai di fronte.
Insomma per me la scuola Penny Wirton e i “Ragazzi Penny” sono stati e continuano a essere un luogo in cui mi allontano dai rumori della politica per entrare in uno spazio dedicato all’umanità e al suo riscatto. Risalire la rampa dell’ex garage a Casalbertone di Roma, dopo aver parlato per due ore scandendo la voce e ripetendo decine di volte il verbo avere a un ragazzo che qualche mese fa non aveva l’idea del verbo è ogni volta sempre più gratificante. Anche se quel giorno magari il ragazzo il verbo non l’ha assimilato io sono certo che almeno una parola l’ha imparata e di aver contribuito per uno zero zero uno per cento all’integrazione. Non solo. Ho imparato anche il valore della lungimiranza. Per esempio quando Mamadou mi ha detto sorridendo che era stato preso a fare l’aiuto cuoco, dopo due anni di scuola Penny Wirton. Chi lo avrebbe mai detto che mi sarei emozionato? Eppure è andata così. La scuola Penny Wirton aiuta a superare l’ignoranza e le paure, i dubbi e i freni che tutti abbiamo nei confronti degli altri e soprattutto di chi non conosciamo.