Migrazioni: tutte le strade portano a Roma

Uno studio dimostra che la Capitale è da sempre luogo di incontro e convivenza. La ricerca pubblicata a novembre dalla rivista Science dimostra che Roma, la città eterna, è stata fin dal principio un luogo di incontro e convivenza tra popolazioni di migranti.

La ricerca, realizzata da un team internazionale composto da genetisti, bioinformatici, antropologi, archeologi e storici dell’Università La Sapienza insieme agli atenei di Stanford e di Vienna e ad altre istituzioni italiane, ha analizzato campioni di Dna umano provenienti da 29 siti archeologici. Lo studio ha rivelato che Roma fin dalla sua fondazione, ma anche nei millenni precedenti, era una città incrocio di migrazioni e passaggi da ogni angolo del mondo. I dati del Dna antico, ottenuto da 127 individui in 29 siti archeologici di Roma e dintorni, in un periodo compreso tra il Paleolitico Superiore e l’Era Moderna, infatti hanno permesso di descrivere l’origine, i flussi migratori e i cambiamenti che hanno riguardato gli antichi Romani e gli abitanti delle regioni italiane limitrofe nel corso degli ultimi 12.000 anni.

Il quadro emerso mostra che circa 8000 anni fa l’area era già popolata da cacciatori-raccoglitori, come già noto, ma anche da agricoltori di origine mediorientale (anatolici e sorprendentemente anche iraniani). Inoltre dalla ricerca emerge che tra 5.000 e 3.000 anni fa i territori di Roma e provincia sono stati interessati da un flusso migratorio di popolazioni provenienti dalla steppa ucraina. “Non ci aspettavamo di trovare una così ampia diversità genetica già al tempo delle origini di Roma, con individui aventi antenati provenienti dal Nord Africa, dal Vicino Oriente e dalle regioni del Mediterraneo europeo”, ha dichiarato Ron Pinhasi, che insegna antropologia evolutiva all’Università di Vienna e che è uno degli autori senior dello studio insieme a Jonathan Pritchard, docente di genetica e
biologia all’Università di Stanford e ad Alfredo Coppa, docente di antropologia fisica a La Sapienza.

La parte più interessante dello studio è quella che dimostra nel periodo imperiale si assiste a un enorme cambiamento nell’ascendenza dei romani: prevale l’incidenza di antenati che provenivano dal Vicino Oriente, probabilmente a causa della presenza in quei luoghi di popolazioni più numerose, rispetto a quelle dei confini occidentali dell’Impero romano. “L’analisi del Dna ha rivelato che, mentre l’Impero Romano si espandeva nel Mar Mediterraneo, i migranti dal Vicino Oriente, Europa e Nord Africa si sono stabilivano a Roma, cambiando sensibilmente il volto di una delle prime grandi città del mondo antico”, ha sottolineato Pritchard. I secoli successivi, caratterizzati da eventi tumultuosi come il trasferimento della capitale a Costantinopoli, la scissione dell’Impero, l’arrivo di malattie che decimarono la popolazione di Roma e infine una serie di invasioni, hanno poi lasciato il segno sull’ascendenza della città, che si è spostata dal Mediterraneo orientale verso l’Europa occidentale.

Allo stesso modo, l’ascesa del Sacro Romano Impero comporta un afflusso di ascendenza dall’Europa centrale e settentrionale. “Per la prima volta uno studio di così grande portata è applicato alla capitale di uno dei i più grandi imperi dell’antichità, Roma, svelando aspetti sconosciuti di una grande civiltà classica”, ha concluso Alfredo Coppa.

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