Migranti: Stas’ Gawronski, l’importanza delle parole

Stas’ Gawronski, autore e conduttore del programma Rai Cultbook, dalla città di New York, in questo articolo ci fa riflettere sulla difficoltà principale dei migranti: quella di trovare le parole, in un Paese diverso da quello di origine, per raccontare ciò che si è e quello che si è vissuto al fine di ottenere l’accoglienza. In questo contributo realizzato per I Quaderni della Penny Wirton, partendo dall’esperienza di Osvaldo Martin, un ragazzo guatemalteco che lavora come interprete nei tribunali lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti, Gawronski ci ricorda che il destino di un migrante, spesso, è appeso al filo della buona volontà di coloro che incontra sul suo cammino.

Osvaldo Martin, testimonianza dalla frontiera
di Stas’ Gawronski

Ogni migrante deve affrontare la difficoltà di trovare le parole con cui esprimersi nel Paese d’arrivo, ma per alcune etnie le difficoltà sono insormontabili senza l’aiuto di un mediatore (i volontari della scuola Penny Wirton lo sanno bene). Ne è perfettamente cosciente Osvaldo Martin, un ragazzo guatemalteco che lavora come interprete nei tribunali lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti, assistendo i migranti che fanno domanda di asilo. Senza il suo intervento per molti sarebbe impossibile portare avanti la domanda d’asilo, considerando che si fonda essenzialmente sul racconto dei motivi per cui sono terrorizzati di rientrare nelle loro terre d’origine. Osvaldo Martin è interprete del Mam, la sua lingua madre (aveva 4 anni quando nel 1999 è giunto a San Francisco con i suoi genitori), un dialetto indigeno che per migliaia di migranti provenienti dal Guatemala (un paese di 15 milioni di abitanti di cui il 40 per cento sono indigeni che parlano poco o nulla spagnolo), soprattutto minori non accompagnati, è l’unica lingua conosciuta. Il lavoro di Martin è indispensabile per tantissimi migranti la cui prolungata detenzione o deportazione è dovuta all’assenza d’interpreti o a traduzioni equivoche. I migranti da popolazioni indigene non sono in grado di conoscere i loro diritti e sono i più suscettibili di essere separati dai loro bambini. Il loro destino dipende da persone come Osvaldo Martin che è stato avviato a questo lavoro decisivo per la vita di tanti migranti da un’associazione no profit chiamata “Asociación Mayab”. In tribunale indossa sempre i vestiti con i colori tipici dei Mayan, in modo da rendersi riconoscibile da qualsiasi migrante provenga dallo stesso gruppo etnico e possa avere bisogno della sua lingua in prestito.

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