Coronavirus: Affinati, la scuola è un bene comune, nessuno vada in vacanza
Per fronteggiare l’epidemia da coronavirus le scuole italiane saranno chiuse fino al 15 marzo. “Oggi davvero possiamo, anzi dobbiamo dire: ciò che succede a te, riguarda anche me”, scrive Eraldo Affinati, fondatore della Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, nel suo editoriale di oggi sul quotidiano Avvenire. Per Affinati dobbiamo quindi “assumerci, tutti, non solo i più giovani, la responsabilità legata alla comprensione attiva di quanto sta accadendo” e “in tale prospettiva la scuola – prosegue Affinati -, anche se chiude e si trova quindi costretta a organizzare (dove può e per quanto si può) una didattica a distanza utilizzando gli strumenti informatici, deve tornare a recitare il ruolo che più di ogni altro la contraddistingue: far passare ai ragazzi e, attraverso di loro, alle famiglie, il concetto operativo del bene comune da costruire insieme”.
E ancora: “Tutti sappiamo, inutile nasconderlo, che la presenza fisica dell’insegnante resta imprescindibile nella trasmissione del sapere: uno sguardo e un sorriso non possono essere paragonati a un semplice collegamento video; una battuta e la spiegazione orale valgono più di qualsiasi software. Non c’è niente che possa sostituire l’esperienza della relazione personale. Tuttavia, anche vivere l’assenza del rapporto diretto, fare tesoro di tale mancanza, accresce il sentimento della realtà e ci potrebbe aiutare a superare l’idea che l’istruzione sia un grande artificio, una specie di gioco a premi a cui partecipare per essere promossi o bocciati”.
Eraldo Affinati ricorda poi il pensiero di Sarah, studentessa nigeriana di quindici anni che vive a Bologna, riportato in questo post. “Quando le è stato detto che i corsi di italiano sarebbero stati temporaneamente sospesi – spiega Affinati -, si è detta dispiaciuta perché, parole sue, stare tanto tempo a casa non le permetterà di imparare. Ecco, forse dovremmo ripartire dal disappunto manifestato da questa studentessa per motivare alla partecipazione non solo certi suoi coetanei italiani, pronti a esultare pensando alla vacanza forzata, ma tutti noi. Non basta eseguire gli ordini. Dobbiamo essere convinti della loro necessità”.
Leggi qui l’editoriale completo pubblicato da Avvenire
“Capiamo insieme il bene comune. Nessuno vada in vacanza”