Volontariato: anche a distanza, sempre la stessa Penny Wirton
La comunicazione filtrata da uno schermo, le parole a intermittenza, la difficoltà di indicare una pagina sul libro: nonostante tutto questo la Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, “è sempre la stessa Penny”, dice Fausta Petraccaro, volontaria presso la sede di Bologna Centro in questo post. Fausta racconta l’esperienza della didattica a distanza con una coppia di giovani genitori somali e ci fa riflettere sulla rivoluzione telematica, che ha investito anche il mondo della scuola e del volontariato. Una rivoluzione che ha certamente privato le relazioni umane del contatto fisico e della vicinanza sociale, elementi fondamentali nei percorsi di inclusione, ma non ha smorzato l’entusiasmo e la forza di volontà di studenti e maestri della Penny Wirton.
Sempre la stessa Penny
di Fausta Petraccaro
Si pensa che uno schermo possa togliere umanità alla comunicazione, rendendola fredda, perché la priva della comunicazione non verbale, che alla Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, è molto più importante di quella verbale. Non si possono indicare manualmente le pagine e le figure, non si può dare una pacca sulla spalla, non si può più di tanto gesticolare. Ma abbiamo imparato che si può inquadrare con il cellulare il frigorifero, aprendolo e mostrando la differenza con il congelatore che sta sotto: si dice “frigo” se tiene in fresco le cose, si dice “congelatore” se serve a congelare i cibi.
E poi si può fare una lezione di famiglia, quella che mi ritrovo a fare due volte alla settimana con una giovanissima coppia di ragazzi somali che hanno una bambina di sei mesi. Allora, ecco che lo schermo diventa vita, forza di volontà, tenerezza. Lo screenshot mostra la visuale della lezione col cellulare: la pagina di un libro e in basso a destra la piccola finestrella con tre persone, la mamma, la bambina e me. Oggi non eravamo quattro perché il papà è dovuto andare in farmacia e quindi la mamma, con in braccio la bambina che non vuole saperne di stare da sola sul letto, esercita la lingua. E la piccola ascolta. Sono i suoni della lingua con cui si confronterà nelle scuole italiane, con cui farà le sue prime esperienze fuori dal suo protettivo mondo familiare, perché i genitori vogliono che cresca Italia. È un Paese bellissimo e non vogliono andare via, mi hanno detto.
La scuola Penny Wirton ai tempi del coronavirus rimarrà nei miei ricordi per sempre con l’immagine delle gambine scure della piccola seduta sul tavolo, vicino a pagine di grammatica italiana, con il sorriso del padre pieno di vita e la forza della madre che, cullando la sua piccola, impara l’italiano per darle un futuro migliore.
E noi siamo fieri di poterli aiutare.