Migranti: il mio amico è nel mio cuore
Per la giornata internazionale dei diritti dei migranti abbiamo scelto una storia bella e umana. Perché la bellezza e l’umanità, insieme, salveranno il mondo. Il racconto arriva dalla Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, di Roma e dalla penna del volontario Dante Carracini.
Il mio amico è nel mio cuore
di Dante Carracini
Questa mattina a Roma, in via di Porta Angelica, a due passi da Porta Sant’Anna, vigilata costantemente da alcune guardie svizzere dai tratti ancora adolescenziali, cinque carabinieri hanno circondato un africano, forse neppure ventenne: stringe tra le mani un sacchettino. Con la schiena poggiata al furgone dell’Arma, sembra in attesa di una sentenza.
Storie di documenti, permessi di soggiorno: vallo a sapere. Un signore anziano passa loro accanto con la bicicletta poi, dopo aver fatto inversione a u, torna sui propri passi, si avvicina al gruppetto e chiede ai militi se può stringere la mano al ragazzo e, senza aspettare la risposta, gliela porge. Per un attimo gli occhi rossi del giovane hanno incrociato quelli del ciclista: cerca di capire cosa possa significare un simile gesto: non è certo il momento più adatto per fare delle presentazioni. Poi ha teso anche lui la propria mano e l’uomo gliela stringe. Vorrebbe rassicurarlo; vorrebbe che i carabinieri guardassero quegli occhi rossi per far capire al ragazzo che non ce l’hanno con lui, che il loro compito è far rispettare la legge e li addolora vederlo così solo e spaventato. Non ce la fa: l’unica parola che riesce a pronunciare è: ”Coraggio!”.
Non si può certo dire che i rapporti tra forze dell’ordine e cittadini siano sempre stati idilliaci come certe copertine della Domenica del Corriere, illustrate da Walter Molino nel secolo scorso, avrebbero voluto farci credere: no, questo no.
Quanto tempo però è passato da quel 2010, anno in cui lasciavo per sempre l’Accademia di Belle Arti di Roma, e a Porta del Popolo osservavo stupito un giovane nero, con un grosso sacco di plastica sulle spalle, correre tagliando diagonalmente piazzale Flaminio: un carabiniere lo stava inseguendo, mentre un altro procedeva nella stessa direzione, di buon passo ma senza affrettarsi. Nella sua fuga il ragazzo ogni tanto si voltava perché il sacco stava cedendo e parte della mercanzia, pashmine colorate, cadeva a terra: no, non poteva rallentare per recuperarle. Il carabiniere si era tolto il cappello perché non lo intralciasse durante l’inseguimento e gridava qualcosa: “Fermati, aspetta, non…”. Niente, il ragazzo accelerava e il carabiniere sempre dietro: “Aspetta, non scappare, hai perso 100 euro, eccoli, guarda. Tieni!”. Il carabiniere sorride, il venditore ambulante rallenta, si gira e comincia a capire. Torna indietro, raccoglie le sciarpe cadute a terra, si avvicina al militare portando la mano destra al cuore; un gesto che nel mondo arabo significa: il mio amico è nel mio cuore. Il carabiniere gli dà i cento euro e poi, ansimando, ma sempre sorridente, raggiunge il collega e se ne vanno assieme.
Davvero, quanto tempo è passato da allora?