Studenti-insegnanti, il racconto di Carol
La mia esperienza alla Penny Wirton di Bologna
di Carol Mosezon
Da quando è stata fondata da Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi, la scuola gratuita di italiano per migranti Penny Wirton ha rappresentato un punto di riferimento per le molte persone che sono giunte in Italia senza certezze e che hanno avuto la necessità di imparare la nostra lingua per garantirsi un’esistenza libera e dignitosa.
Da bambini che necessitano di un aiuto nei compiti a studenti che trovano difficoltà a comprendere il proprio testo, da adulti appena arrivati che hanno bisogno di apprendere le prime regole dell’italiano a ragazzi che desiderano approfondire alcuni aspetti della cultura generale, la scuola si propone l’obiettivo di aiutare tutti, seguendo l’etica inclusiva di “I care” di don Milani.
Oltre a essere un punto di diffusione di semplici conoscenze, la Penny Wirton, come tutti i luoghi dove si fanno istruzione e cultura, è un incontro: incontro fra culture diverse, fra studente e insegnante, fra essere umano e essere umano. E proprio l’incontro, che è un momento così prezioso nella società, che permette a ciascuno di crescere innanzi al confronto con l’altro, è stato minato dalla pandemia che ha sconvolto il pianeta a partire dall’inizio del 2020. Per ovvie ragioni di sicurezza, ogni luogo di socialità e di possibile “assembramento” è stato chiuso, comprese le scuole e le attività culturali.
È stato dunque fondamentale attrezzarsi per continuare a praticare, anche se in modo totalmente diverso, quelle attività che non si possono non considerare come essenziali, anche se la loro funzione non è quella di provvedere ai bisogni vitali dell’essere umano. L’istruzione è senz’altro una di queste, e lo è anche un’attività come la Penny Wirton che, al pari della scuola pubblica, ha inaugurato le lezioni online, con il supporto di piattaforme come Zoom, Meet e Whatsapp, grazie alle quali sessantasette studenti e cinquantacinque volontari di Bologna continuano a confrontarsi.
È chiaro che uno schermo non potrà mai sostituire l’incontro fisico, reale, che è alla base del rapporto fra insegnante e studente, un rapporto fondamentale, che avrebbe bisogno della presenza per sviluppare a pieno la grandissima potenzialità che ha in sé di “formare” un individuo e di aiutarlo a vivere nella società grazie agli strumenti che quella formazione gli ha regalato. Tuttavia, queste lezioni hanno saputo mostrarci una cosa di cui forse prima della pandemia non eravamo consapevoli: nel momento di difficoltà, il desiderio di tutti è quello di guardare avanti, di garantire e garantirci un futuro di inclusione e cultura, quando il presente è incerto e la speranza instabile.