Scuola: Trieste riparte e anche la Penny Wirton
A Trieste la Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, dopo il periodo più duro della pandemia, ha ripreso le lezioni in presenza e sta invadendo bar, strade e giardini pubblici pur di poter ristabilire, in sicurezza, il rapporto uno a uno dal vivo. Ecco come sta andando.
Trieste riparte e anche la Penny Wirton
di Marina Del Fabbro
“No xe un mal se no xe un ben” si usa dire a Trieste. Ed è vero: è successo così anche per la Penny Wirton. Se è vero che la diffusione del Covid ci ha costretto in un primo tempo a sospendere le lezioni in presenza, facendoci perdere un certo numero di studenti, è anche vero che la situazione di emergenza sanitaria è stata una bella sfida e un’occasione di stimolo per tutti, volontari e studenti, a inventarsi soluzioni alternative.
NUOVE SOLUZIONI. Terminato il primo duro lockdown ci siamo ingegnati subito per riprendere i nostri incontri, ovviamente non più al chiuso, dove non era ancora consentito, ma all’aperto. Nei giardini pubblici, ad esempio, nei parchi, al Viale, in strada, nei bar, sulle rive e in giardino. Certamente vi sono state difficoltà: se con la didattica a distanza avevamo perso il contatto diretto, con gli incontri all’aperto abbiamo dovuto fare i conti con il caldo, i temporali improvvisi e poi, vivendo noi a Trieste, anche con potenti raffiche di bora. Ma si sono verificate anche inattese opportunità.
LA DAD. Nel mio caso, ad esempio, nel seguire al cellulare la mia giovane studentessa Kujtessa, ho intercettato anche il fratellino Halim che passava di là, e poi la cuginetta che era venuta a trovarla. E così ho acquistato due nuovi studenti. Non solo: collegandomi con lei ho anche potuto, in un certo senso, entrare a casa sua, vedere come e dove abitava, capire meglio la sua quotidianità. La nostra intesa, a dispetto della distanza, è diventata più profonda e autentica.
ALL’APERTO. Le lezioni all’aperto hanno comportato sorprese e incontri davvero sorprendenti. Il venditore senegalese che, incuriosito, si è fermato un po’ per capire che cosa stesse succedendo, un po’ per incoraggiare Alì, e infine per prenotare lezioni di italiano per sua moglie che vorrebbe far venire in Italia ma che “mai andata a scuola, non parla niente italiano”. Un’altra volta, al bar, una vicina di tavolino ha voluto offrire un caffè a me e una coca cola allo studente “perché vedo che avete buona volontà”. Ci sono stati anche tanti semplici passanti che si sono fermati per dare un’occhiata e a volte anche aggregarsi a questa inconsueta scuola, finanche un garbatissimo signore che ha pazientemente atteso che finissimo le ore di lezione per poi dirci: “Scusate, non vi siete accorti, ma io vi ho fotografati. Se mi date il vostro recapito vi invio le foto: eravate così carini. Sapete, sono un fotografo che si interessa alle persone, alla vita di ogni giorno e questa scuola di strada è troppo bella!”
LA FOTO. Nella foto il ragazzo chino sul quaderno è Shakoor, pakistano, arrivato da poco a Trieste. Ha diciassette anni, ma in tutta la vita è andato a scuola solo due mesi. Al suo Paese faceva il pastore delle sue quattro (proprio quattro) pecore. Fa molta fatica anche solo a stare seduto e a mantenere l’attenzione, ma noi non molliamo. Anche adesso, in autunno, quando a volte le giornate sono davvero fredde, tre volte a settimana per due ore, ben coperti, ci sediamo all’aperto e studiamo. Anche se adesso la situazione sanitaria è migliorata, noi comunque dobbiamo restare all’aperto perché, essendo lui minorenne e ignorando il suo trascorso sanitario, non può essere vaccinato, quindi niente green pass. Ma tra pochi mesi diventa maggiorenne e, se vuole trovare una sistemazione qui in Italia, deve far presto ad apprendere la lingua.