Scuola: un lavoro da costruire insieme
Eraldo Affinati, fondatore della Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, fa il punto oggi su “Il Venerdì” di Repubblica sulla scuola lavoro. Qui un estratto, in foto l’articolo completo.
Scuola-lavoro: la mia lezione
di Eraldo Affinati
Sudanesi, egiziani, bengalesi, albanesi, donne e uomini. Prima della pandemia eravamo tantissimi, coi bambini piccoli che giravano fra i banchi mentre le mamme compotavano le sillabe, oggi siamo obbligati a organizzare gruppi più ristretti, ma presto torneremo ai grandi numeri. Non abbiamo classi, puntiamo sul rapporto uno a uno. Se arrivassero sessanta profughi dovremmo prevedere altrettante coppie: centoventi persone sedute una davanti all’altra. I tavolini sono ben distanziati, tutti indossano le mascherine Ffp2, hanno il green pass e usano i disinfettanti. La didattica a distanza è stata dura, ma ci ha consentito di resistere: un aiuto importante è venuto proprio dagli studenti italiani che si sono impegnati come non mai.
Adesso siamo tornati in presenza ed è tutto più bello. I licei romani coinvolti quest’anno sono il Pilo Albertelli e il Giulio Cesare. I resoconti che ci mandano i nostri studenti li farei leggere ai corsi di formazione per docenti: ti fanno capire tante cose. Davide, 17 anni, per esempio mi dice che a scuola viene premiato solo l’esito finale, non il movimento dal punto di partenza: anzi, precisa, se un allievo arriva al risultato percorrendo una strada diversa da quella stabilita dal docente rischia di essere penalizzato. Qui, conclude, non è così. L’avrei abbracciato. Ecco come dovrebbe essere la scuola: un lavoro da costruire insieme, una qualità della relazione umana. Senza mai abbassare l’asticella.
I risultati sono fantastici. È uno spettacolo vedere come Elsa si relaziona con Rachid, Marco parla con Omar, Roberta dialoga insieme a Kadigia. Da una parte abbiamo ragazzi scolarizzati, dall’altra analfabeti nella lingua madre. Eppure questi giovani, che nella scuola del mattino non sempre vanno bene, s’intendono a meraviglia riuscendo a trovare imprevedibili accordi. Alcuni partecipanti del Pcto, dopo aver concluso il percorso scolastico restano con noi. Talvolta scoprono le proprie attitudini.
Non mi dimenticherò mai ciò che ci scrisse Valeria del liceo Augusto sulla sua esperienza con un bambino bengalese. “Il momento più bello è stato quando Ramin ha detto: Ah, sì, ora ho capito, finalmente ho capito”. Non è forse questo l’obiettivo che ogni insegnante dovrebbe voler raggiungere?
Vorrei concludere citando una frase di una grande donna, Maria Montessori: “Per insegnare bisogna emozionare. Molti però pensano ancora che se ti diverti non impari”.