Volontariato: tempo che riempie la vita
Tunisini, egiziani, albanesi: ragazzi con esperienze e vissuti diversi ma tutti accomunati dalla stessa sofferenza e desiderosi di imparare l’italiano per avere un avvenire e una vita dignitosi nel nostro Paese. Sono i migranti minorenni accolti dal centro Tata Giovanni di Roma e che spesso vengono assistiti nell’apprendimento della lingua dai volontari della Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti. Letizia Perticarini, volontaria nella sede romana, ci racconta la sua esperienza con la didattica a distanza e ci ricorda che come diceva Charles Dickens “nessuno è inutile in questo mondo se alleggerisce i fardelli di qualcun altro”.
Un tempo che riempie la vita
di Letizia Perticarini
Nonostante i tempi difficili e complicati che stiamo vivendo la scuola, o meglio le scuole Penny Wirton, hanno mantenuto i contatti con i propri studenti. Il tutto senza lasciare indietro nessuno, sempre pronte ad accogliere e abbracciare persone meno fortunate di noi. Sono una volontaria della Penny Wirton di Roma e ho avuto il privilegio di seguire studenti migranti provenienti da ogni parte del mondo. Ho svolto le lezioni in presenza prima che la pandemia ci costringesse tutti a restare a casa, e successivamente in didattica a distanza attraverso ogni strumento tecnologico a disposizione riuscendo a non perderli di vista.
Purtroppo, superate le fasi critiche della pandemia e pur avendo adempiuto a ogni regola imposta dalle normative in materia di Covid, non ho potuto riprendere le mie lezioni in presenza. Sono subentrati problemi e dinamiche familiari che me lo hanno impedito e ostacolano ancora oggi il mio rientro a Casal Bertone. Ma, nonostante questo, ho avuto e ho tuttora la possibilità di seguire gli studenti del Tata Giovanni, il centro di prima accoglienza di Roma che ospita ragazzi stranieri provenienti da vari Paesi che hanno l’obbligo di rispettare un periodo di quarantena fiduciaria prima di essere trasferiti in altre strutture pronte ad accoglierli.
Sono ragazzi minorenni migranti che il più delle volte non conoscono una sola parola di italiano. Farsi capire attraverso lo schermo di un tablet, cellulare o computer diventa un’impresa quasi impossibile ma con la Penny Wirton, funziona così: c’è sempre una soluzione per ogni evenienza. Con un po’ di pazienza e buona volontà, più da parte dei ragazzi che mia, sono riuscita in questi mesi a entrare in contatto con alcuni di loro: Mefte, Nabil, Malak, Erion, Martin. Tunisini, egiziani, albanesi, con esperienze e vissuti diversi ma tutti accomunati dalla stessa sofferenza e desiderosi di imparare una lingua che dia loro la possibilità di avere un avvenire e una vita dignitosi.
Naturalmente una volta terminato il periodo di quarantena dobbiamo salutarci e nonostante il breve tempo trascorso insieme, è sempre triste separarsi ma anche questa esperienza riempie la vita. Quando, prima di chiudere il collegamento, Nabil e Malak compagni di stanza, mi hanno salutato mostrandomi con le mani la forma di un cuore e dicendomi in coro “te volio bene segnora” ho capito che le mie lezioni-compagnia (così le ho ribattezzate) insieme a loro non erano trascorse invano.