Trento: la lingua dell’arte alla Penny Wirton
A Trento alla Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, due artiste Silvia Gadda e Lorena Martinello di MADLab hanno realizzato sui muri un’opera in sette pannelli tematici.
Il contesto architettonico è il ballatoio dell’antico convento del Padri Cappuccini di Trento, sede della Penny Wirton di Trento. L’opera tiene in considerazione lo spazio che la ospita: la dimensione dei quadri corrisponde a quella delle finestre presenti e, nell’insieme, crea una relazione tra le aperture strutturali e i pannelli, quasi un ritmico alternarsi di sguardo sul mondo e di sguardo interiore.
La palette cromatica è formata dai colori primari con pochissime variazioni tonali: scelta stilistica pensata per riaffermare il bisogno primario di esprimersi attraverso l’uso della lingua.
Ogni quadro rappresenta un gesto o una situazione in cui emerge un aspetto, una sfaccettatura di ciò che la conoscenza di una lingua può diventare: la lingua può essere ponte, comunità, costruzione di sé, partecipazione, incontro, casa, libertà.
La lingua è ponte
Un ponte antico collega due sponde lontane, apparentemente distaccate, ma unite in profondità, proprio come gli esseri umani nella loro diversità. La lingua può portarci “al di là”, aiutandoci a superare ostacoli e barriere di comprensione. Padroneggiare una lingua straniera ci permette di abitare nuovi territori, in senso sia letterale che metaforico.
La lingua è comunità
Ci sono tanti modi di fare comunità e la lingua può essere un mezzo per costruirla. Pensando alla parola e a come questa si unisce con quella di altri per creare un racconto corale, unitario e plurale allo stesso tempo, è nata un’immagine di un coro. Un canto che sa di momenti condivisi, informali e gioiosi. Un canto che costruisce comunità.
La lingua è costruzione
Che ruolo gioca la lingua, la possibilità di comunicare pensieri complessi, nella costruzione della propria identità? Siamo fatti di molte cose: i nostri sogni, ciò che sentiamo, il cammino già percorso. Le nostre esperienze ci permettono di forgiare le persone che siamo, la lingua ci permette di raccontare questo processo costruttivo con interezza e profondità.
La lingua è partecipazione
Chiedere la parola, prendere la parola. Quando ci sentiamo parte di una realtà, non temiamo di dire la nostra opinione. Quando abbiamo gli strumenti per verbalizzare emozioni e pensieri ci sentiamo più sicuri nell’esprimere anche in maniera pubblica opinioni ed idee personali. La lingua in questo senso ci permette di essere parte di una collettività che ragiona, sceglie ed agisce.
La lingua è incontro
Due persone dialogano e dalle loro labbra escono piccoli petali, ispirati alla forma delle “virgole della parola” usate nei codici Maya per rappresentare i suoni. Sono parole/petali che diventano sempre più grandi e vanno ad unirsi per formare un fuoco d’artificio, un fiocco, un fiore che sboccia con tutta la vitalità e la complementarietà che proprio l’incontro può generare.
La lingua è casa
Quante declinazioni della parola casa esistono al mondo? Grattacieli, case galleggianti, capanne di paglia, palazzi millenari e ripari provvisori. Tra le case c’è anche quella rappresentata nel logo della Scuola Penny Wirton, con l’unico tocco di verde dell’intera opera: verde che è germoglio di vita e di dignità, scuola che è luogo accogliente dove sentirsi un po’ a casa.
La lingua è libertà
L’immagine è nata a partire da un libro aperto, strumento fondamentale della scuola. Un libro che non è fermo e chiuso in uno scaffale polveroso: è un libro vivo, che si muove verso un orizzonte aperto e sconfinato e ci trasporta a conoscere nuovi panorami. La scuola e la lingua come luoghi, come strumenti dove esercitare la propria libertà, dove poter spiegare le ali e continuare il cammino in modi inaspettati.