Scuola: Cisl, sia inclusiva, Penny Wirton è modello
Per superare il deficit linguistico degli alunni stranieri ci vuole una scuola equa, inclusiva e accogliente sul modello della Penny Wirton. È quanto spiega in una nota la segretaria generale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci, intervenendo sulle polemiche sollevate dalla proposta del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, sulle attività specifiche per gli studenti figli di migranti.
“La nostra idea di scuola – spiega la segretaria della Cisl Scuola Ivana Barbacci – esclude nel modo più categorico il concetto di classe differenziale, quale che sia la debolezza di cui un alunno è portatore. Una scuola inclusiva, equa e accogliente è quella per la quale siamo da sempre in campo, come sindacato e prima ancora come persone che hanno scelto l’educazione e l’istruzione come proprio lavoro. Detto questo, siamo per una scuola che si impegna a dare di più a chi ha di meno: per dirla con don Milani, un ospedale che cura i malati, non chi è sano. Un ospedale in cui la terapia intensiva non è certo discriminante, quando è necessaria. No, assolutamente, a classi differenziate in base alla competenza linguistica. Sì a tutto ciò che può aiutare a superare un gap comunicativo che genera inevitabilmente, questo sì, discriminazione e svantaggio. Senza tuttavia dimenticare che la frequentazione con coetanei che parlano italiano, specie per le fasce di età più basse, è il modo più efficace per apprendere velocemente la nostra lingua”.
“Abbiamo in Italia esempi luminosi – continua la segretaria della Cisl Scuola – di ciò che significa prendersi cura di chi arriva nel nostro Paese senza conoscerne la lingua: penso alle scuole Penny Wirton di Anna Luce Lenzi ed Eraldo Affinati, dove ogni persona è seguita in un rapporto uno a uno, grazie all’impegno di tanti volontari. Un modello che è difficile replicare pari pari nella scuola pubblica, ma al quale penso si possa senz’altro guardare per capire cosa vuol dire sostenere davvero, e non solo a parole, l’uguaglianza delle persone”.
“Colmare il deficit linguistico – aggiunge Barbacci – richiede interventi organici e strutturati, sia verso gli alunni, sia verso i loro famigliari: interventi che implicano organici adeguati, professionalità specificamente formate e valorizzate per l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua; serve sfruttare appieno le potenzialità dei Cpia, promuovere alleanze con le agenzie formative del territorio. Insomma, una progettualità coerente con un’idea di scuola che agisce nei fatti, e non solo a parole, per mettere tutte le alunne e gli alunni su un piano di effettiva parità”.
“Da anni utilizziamo, come se fossero sinonimi, tre termini: accoglienza, integrazione, inclusione. Non sono la stessa cosa – conclude la sindacalista della Cisl Scuola -, hanno sfumature diverse e sono tutti e tre elementi necessari nel nostro modello di scuola, una scuola che unisce, come ci piace definirla. Se ci limitiamo ad accogliere gli alunni, facciamo solo la prima parte del nostro dovere”.