Penny Wirton: storie e incontri all’assemblea annuale
Una giornata ricca di storie e riflessioni, in cui si è aperto il proprio cuore e ci si è sentiti a casa, nel racconto di Giovanna Bacco.
Sabato 15 giugno nella sede di Casal Bertone, a Roma, si è svolta la settima assemblea nazionale della Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti. Una giornata ricca di testimonianze, storie, riflessioni, in cui si è aperto il proprio cuore e ci si è sentiti a casa. “Alla Penny Wirton ci sentiamo una famiglia”, hanno, infatti, sostenuto i fondatori Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi. C’è, per esempio, Giorgia, una giovanissima studentessa del PTO, che racconta di quanto inizialmente fosse spaventata e demoralizzata all’idea di dover insegnare l’italiano a un ragazzo analfabeta, ma poi si è innamorata della Penny Wirton, al punto da volerci ritornare anche il prossimo anno. E poi c’è uno studente migrante che ama l’Italia e gli italiani e che oggi lavora nel bar della stazione di Siena, dove ha imparato a fare un ottimo caffè e una pizza squisita.
A ogni scuola sono stati poi assegnati quattro tavoli tematici, attorno ai quali si sono riuniti insegnanti, volontari e studenti migranti. Il primo tavolo è stato dedicato allo “stile didattico della Penny Wirton: unicità e caratteristiche”. Accoglienza, rispetto, attenzione, inclusione, empatia, conoscenza e rapporto individuale sono solo alcune delle parole che sono state usate per descrivere la Penny Wirton. Nessuna parola richiama, però, lo stile didattico. La parte più emozionante è quando i volontari insegnanti hanno ricordato i momenti più belli, come se fosse una vera e propria lezione, in cui è prevalso l’elemento affettivo su tutto il resto: per esempio, il sorriso dell’allievo quando arriva la merenda, la solita allegra confusione quando si entra a scuola o a fine lezione quando l’allievo esprime la sua riconoscenza ringraziandoli. Affinati sottolinea l’importanza del non essere servi del risultato, perché non dovrebbe condizionarci, in quanto ognuno è se stesso e si scambia con gli altri e ciò porta all’arricchimento, alla condivisione.
Il secondo tavolo ha visto come tema la “Testimonianza guidata di un/a migrante presente nella nostra scuola”. È stato quello più numeroso, con molteplici storie e un’energia contagiosa, come quella di Bailo, arrivato in Puglia, che sta imparando la lingua e di Vivian, che cerca un lavoro. Queste storie sono le nostre storie, sono persone che sono cadute a terra, ma che sono riuscite a rialzarsi, sempre. Dal terzo tavolo “Che cosa sto imparando da questa mia esperienza di volontariato alla Penny Wirton?” è venuta fuori una ricchezza straordinaria, che ha messo in evidenza la persona, non la massa. Un incontro personale che fa cadere tutte le barriere, tutti i pregiudizi. È anche emersa l’importanza di passare il testimone, che rappresenta un massaggio indubbiamente significativo.
E poi nel quarto tavolo “Ho fatto un sogno sulla Penny Wirton che vorrei trasformare in progetto. E ve lo racconto” i volontari della Penny Wirton si sono rivelati dei veri sognatori. Ad esempio, il sogno di Emily, una giovanissima alunna di un liceo classico, è quello di educare all’accoglienza nelle scuole. Molti dei suoi compagni di classe non sono a conoscenza dei viaggi che i ragazzi migranti sono costretti ad affrontare e, secondo Emily, “occorre rendere più consapevoli i giovani di ciò che realmente accade, in quanto sono indottrinati da stereotipi, del tipo: gli italiani sono italiani e devono rimanere tali, una frase che fa rabbrividire”.
Numerosi sono stati poi gli originali contributi da Bari, Milano, Modena, Padova, Parma, Rodano, Siena, Torino, Udine, Viterbo, e decine di altre città in cui la Penny Wirton ha sede e che hanno testimoniato quanto lavoro sia stato fatto quest’anno e quanto sia fondamentale entrare in contatto con queste realtà. “Che ci facciamo qui? Siamo qui perché l’umanità non è morta”, ha affermato una volontaria a conclusione di una intensa ed emozionante giornata.